GLI ANNI SETTANTA di Luca Dal Monte

Gli anni Settanta posso essere divisi in due parti distinte. Se infatti c’è una prima parte che va dal 1970 al 1974 e che vede il prolungamento di quel dominio della scuderie inglesi che ha caratterizzato gli anni Sessanta, c’è una seconda parte nella quale le squadre inglesi vengo – in parte – ridimensionate e la Ferrari torna protagonista. Spartiacque è di fatto la stagione 1974, la prima senza il tre-volte campione del mondo Jackie Stewart e nel quale la Scuderia di Maranello torna ai vertici, ma deve comunque inchinarsi ancora a una squadra inglese – nello specifico, alla McLaren.

Nei cinque anni dal 1970 al 1974 il titolo mondiale Piloti viene conquistato due volte da un pilota della Lotus, due volte da un pilota della Tyrrell e una volta dal pilota della McLaren. In tutti questi anni tranne uno – il 1973 – le stesse squadre conquistano anche il titolo mondiale Costruttori. Il 1973, come detto, fa eccezione. A fine stagione il campione del mondo è lo scozzese Stewart al volante della Tyrrell, ma il titolo a squadre prende la direzione della Lotus che, complice una gestione poco felice dei due piloti, non riesce a far propria la corona più ambita, ma assomma comunque abbastanza punti da portare a casa il titolo Costruttori.

Il decennio si apre con una grande sorpresa. Jochen Rindt, che fino alla penultima gara della stagione precedente non era riuscito a vincere neppure un gran premio, conquista nel 1970 una vittoria dopo l’altra. La prima vittoria la coglie a Monaco con l’ormai vecchia Lotus 49C. Ma nel momento in cui Colin Chapman gli mette tra le mani un gioiello come la 72C, il campionato non ha più storia. In rapida successione l’austriaco vince in Olanda, Francia, Gran Bretagna e Germania. Tutto lascia supporre che Rindt possa vincere il titolo a Monza la prima domenica di settembre. Invece muore il sabato in prova. A fine stagione sarà campione del mondo grazie ai punti accumulati fino alla sua scomparsa, ma soprattutto in virtù della opera di sensibilizzazione compiuta dall’amico Stewart, capace di convincere la federazione internazionale a non cancellare i punti di un pilota che non c’è più.

Lo scozzese conquista il titolo l’anno successivo. È il suo secondo – il primo al volante della Tyrrell, una vettura e una squadra che non esistevano fino all’estate dell’anno precedente. Stewart è un personaggio fuori dal comune. E non solo in pista. La sua crociata per rendere più sicuro il mondo delle corse ha cambiato la Formula 1. Ai due titoli che conquista nel 1971 e poi ancora nel 1973, e al record di 27 vittorie che stabilisce, si deve aggiungere la capacità di vedere oltre e di intuire quando è il momento di fermarsi. Stewart si ritira a fine stagione 1973 con il terzo titolo mondiale in tasca. Il consenso degli addetti ai lavori è che sia ancora il migliore pilota in circolazione.

Quando lo scozzese si ritira, il personaggio principale sulla scena è con ogni probabilità Emerson Fittipaldi, il brasiliano che nel 1972 diventa, alla guida della Lotus, il più giovane campione del mondo fino ad allora e, nel 1974, si ripete al volante della McLaren M23. Ma Fittipaldi e il mondo della Formula 1 non hanno fatto i conti con Niki Lauda, lo sconosciuto austriaco che, nel momento in cui entra nell’orbita Ferrari e Mauro Forghieri gli mette tra le mani una monoposto come la 312 T con quel suo rivoluzionario cambio trasversale e la potenza del 12 cilindri boxer Ferrari, arriverà a caratterizzare un’epoca. Lauda è campione del mondo nel 1975 e nel 1977. La Ferrari di cui Lauda è uno dei due piloti conquista il titolo Costruttori nel 1975, 1976 e 1977 – con lo svizzero Clay Regazzoni al fianco dell’austriaco nelle prime due stagione e l’argentino Carlos Reutemann nella terza. Lauda lascia la Ferrari a fine 1977, ma nel ’79 la quarta evoluzione della serie T, la T4, porta alla Casa di Maranello un altro titolo mondiale Piloti e uno Costruttori. Campione del mondo è il sudafricano Jody Scheckter, ma il suo compagno di squadra, il canadese Gilles Villeneuve, è vice campione.

Quella che potrebbe essere vista come una sorta di egemonia Ferrari nella seconda metà degli anni Settanta viene interrotta due volte. La prima volta nell’incredibile e avvincente stagione 1976, quando alle battaglie in pista si affiancano quelle nelle aule del Tribunale della FIA, Lauda subisce il terrificante incidente sul circuito del Nürburgring, ritorna contro ogni previsione e dà luogo a uno storico duello con l’amico James Hunt, una rivalità incendiaria in pista, ma improntata a un grande senso di rispetto reciproco. La seconda volta nella stagione 1978, quando il genio creativo di Colin Chapman porta a sublimazione il concetto di effetto suolo e la wing car Lotus 79, nelle mani di Mario Andretti e Ronnie Peterson, diviene imbattibile. A fine stagione, Andretti è campione del mondo mentre Peterson, che muore a Monza il giorno in cui il compagno di squadra conquista il titolo, è per la seconda volta vice campione.

Ma gli anni Settanta hanno visto anche molto altro: la rivoluzionaria Tyrrell a sei ruote; il ritorno dell’Alfa Romeo; l’arrivo della motorizzazione turbo grazie all’ingresso nel Circus della Renault; i primi passi della carriera di Alain Prost, uno dei grandi protagonisti del decennio successivo; la scomparsa dalla scena di circuiti storici come il Nürburgring e il Montijuich; la messa in discussione di Monza; il consolidamento degli sponsor tabaccai; l’abbandono una volta per tutte dei colori nazionali per quel che riguarda le livree delle monoposto – Ferrari esclusa, naturalmente.