GLI ANNI SESSANTA di Luca Dal Monte

In Formula 1 gli anni Sessanta sono il trionfo del Made in England. La Ferrari riesce a vincere due titoli mondiali, ma l’intero decennio è segnato dal consolidamento del potere delle squadre britanniche. Sono gli anni degli innovatori, dei piloti che diventano costruttori, di un modo di correre che rompe con il passato. Scompaiono i costruttori.

Arrivano i fornitoti di motori, cui le squadre ricorrono per le proprie monoposto. Il nuovo decennio si apre come si era chiuso il precedente. A cogliere i due titoli di campione del mondo Piloti e Costruttori sono ancora una volta Jack Brabham e la Cooper con motore Climax. Al modello T51 segue il T53. Ma la musica non cambia. Da metà giugno a fine agosto l’australiano si impone in cinque gran premi consecutivi – Olanda, Belgio, Francia, Gran Bretagna e Portogallo – e ipoteca il titolo. Due gran premi sono vinti da Stirling Moss, uno da Bruce McLaren. Anche loro guidano l’imprendibile Cooper-Climax.

L’anno successivo Enzo Ferrari si è finalmente imposto di accettare la rivoluzione portata in Formula 1 da John Cooper. La 156 è la prima monoposto Ferrari con il motore in posizione centrale. I piloti del Cavallino battagliano tra loro e con Moss, che nel frattempo è passato a guidare una Lotus, sempre con motore Climax e sempre per la scuderia di Rob Walker. Moss, il tedesco Wolfgang von Trips e l’americano Phil Hill vincono due gare a testa. Campione del mondo diventa Phil Hill nel giorno della tragedia di Monza nel corso della quale perde la vita il tedesco. La stagione 1961 è anche contraddistinta dalla vittoria al debutto del pilota italiano Giancarlo Baghetti al volante di una Ferrari 156 privata iscritta dalla scuderia Sant’Ambroeus.

La Ferrari si ripeterà nel 1964, quando a diventare campione del mondo è l’asso inglese delle due ruote John Surtees al volante di una 158. E vale forse la pena di notare che la scuderia di Maranello partecipa alla due ultime prove del mondiale con la livrea nazionale bianca e blu degli Stati Uniti. Enzo Ferrari ha litigato con la federazione italiana per questioni di omologazione, spedisce le due monoposto di Surtees e di Lorenzo Bandini oltre oceano per le ultime due gare della stagione, ma le fa iscrivere ai gran premi degli Stati Uniti e del Messico dal North American Racing Team di Luigi Chinetti, l’importatore americano del Cavallino. Ma stagione 1964 a parte, il resto degli anni Sessanta sono riserva di caccia esclusiva delle squadre inglesi.

La prima è la BRM che, a differenza delle altre squadre d’Inghilterra, costruisce anche un proprio motore. A dominare è l’inglese Graham Hill, che coglie quattro successi e diventa campione del mondo. Ma sulla scena irrompono anche un’altra squadra e pilota inglesi. Sono la Lotus del geniale progettista Colin Chapman e Jim Clark. Nel 1962 Clark e la Lotus motorizzata Climax trionfano in tre gran premi e si laureano vice campioni del mondo. Ma l’anno successivo il dominio della coppia Clark-Lotus è assoluto: sette vittorie su dieci gare disputate, sette pole position, sei giri più veloci. La vettura che Chapman ha messo a disposizione di Clark è la formidabile Lotus 25, la prima monoposto con telaio monoscocca nella storia della Formula 1.

Clark e la Lotus si ripetono nel 1965. Il duello è ancora una volta tra Clark e Hill, tra Lotus-Climax e BRM. Ha di nuovo la meglio lo scozzese. La monoposto è la Lotus 33, evoluzione della 25. Le vittorie sono sei, così come le pole position e i giri più veloci in gara. Hill è vice campione del mondo. Ma nel frattempo si sta facendo strada un secondo scozzese. Il suo nome è Jackie Stewart, e al volante di una BRM P261 vince il gran premio d’Italia a Monza.

Nel 1966 torna alla ribalta e alla vittoria Jack Brabham, che conquista il terzo titolo mondiale personale. Ma questa volta lo fa al volante di una vettura che porta il suo nome, la Brabham BT19 e successivamente BT20. È la prima e sarà l’unica volta che ciò accade, anche se saranno molteplici i piloti che si cimenteranno da ora in avanti nel ruolo di costruttori. Il motore è australiano come pilota e costruttore, l’8 cilindri Repco. Brabham vince quattro gran premi consecutivi. Agli altri restano le briciole. Ludovico Scarfiotti si impone con la Ferrari 312/66 a Monza. Una Brabham è campione del mondo anche nel 1967, ma è il neozelandese Denny Hulme a fare suo il titolo, e proprio a spese del proprietario del team, che sarà solo vice campione. Tre le vetture che si alternano nel corso della stagione, le BT19, BT20 e BT 24.

Nel 1967 è arrivato sulla scena il motore che condizionerà la Formula 1 per i successivi quindici anni. È l’8 cilindri Ford-Cosworth realizzato dai tecnici inglesi Keith Duckworth e Mike Costin. Chapman l’ha avuto in esclusiva per un anno, ma dalla stagione successiva è a disposizione di chiunque lo voglia acquistare. È tuttavia proprio la Lotus a sfruttarne al massimo le sue grandi qualità. Scomparso Clark in aprile nel corso di una gara di Formula 2, a fine stagione campione del mondo è per la seconda volta Graham Hill. La sua Lotus 49 è la prima monoposto ad abbandonare la livrea nazionale utilizzata fino a quel momento e ad essere dipinta nei colori di uno sponsor.

Il decennio si chiude con il primo titolo mondiale di Jackie Stewart. Lo scozzese domina la stagione con sei vittorie e vince il titolo al volante della Matra MS80 motorizzata Ford-Cosworth.